LE NON - REGOLE ESISTENZIALI DI GIANLUCA GOTTO : SUCCEDE SEMPRE QUALCOSA DI MERAVIGLIOSO

 

Cosa succederebbe se, d’improvviso, ciò che delle nostre esistenze appare scontato fosse rimestato come le zolle di un terreno arido? E se mutassero radicalmente quelle che da sempre abbiamo considerato come delle imprescindibili prospettive?

E su questi amletici interrogativi che si basa il bellissimo volume dell’autore torinese Gianluca Gotto, Succede sempre qualcosa di meraviglioso, edito da Mondadori.

La vicenda può essere suddivisa in tre momenti salienti: il primo ha inizio con la calorosa festa di compleanno di Davide, il protagonista.

All'atto di spegnere le fatidiche candeline e soffermandosi per un istante ad analizzare la propria vita, il ragazzo si rende conto di non poter desiderare altro di più: presto verrà assunto nello studio di architettura nel quale è stagista da diversi anni; ha una fidanzata, Valentina, con la quale è fortemente intenzionato ad incominciare una seria convivenza; ha l’affetto di un nonno, Vincenzo, che l’adora e di due genitori che, sebbene separati da un decennio, cercano di essergli vicini nelle scelte importanti. Davide non sa ancora che quel momento gioioso rappresenta una vera e propria linea di confine tra un prima ed un dopo.


«Alla fine, quando soffiai sulle candeline, chiesi semplicemente che tutto restasse così, poco prima che anche l’ultima fiammella diventasse una riga di fumo nell’aria. Commisi un grave errore».

Infatti, nel giro di pochissimo tempo, si ritrova senza lavoro, abbandonato da Valentina e tristemente colpito prima dalla malattia e poi dalla veloce e traumatica dipartita dell’unico punto fermo di tutta la sua esistenza: l’amato nonno Vincenzo.

Davide non si dà pace: continua a domandarsi dove abbia sbagliato, quale sia l’assurda e crudele motivazione di quell’accanimento del Destino contro la sua persona, non fa altro che rimpiangere i momenti felici con suo nonno che non potrà più rivivere. Il venticinquenne incomincia ad abitare un tartaro intimo e profondo che lo fa riflettere sull’incertezza del futuro e sulla sicurezza della morte. Esso non è altro che quell’antro oscuro, l’inferno dei viventi secondo Calvino, che: «non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme».

A cavallo di questo lungo periodo di smarrimento (è questo il “secondo tempo” del volume), il protagonista si rimbocca le maniche e, pur di non pensare a tutto ciò che lo tormenta continuando a farlo sentire frustrato e inadeguato, accetta di diventare un rider di una nota azienda. Ma i suoi demoni interiori ritornano con prepotenza: l’ansia da prestazione lo attanaglia, gli attacchi di panico non gli consentono di respirare, non riesce più a mangiare, ogni cosa lo spaventa e il contatto con il prossimo lo mette in difficoltà. Il fallimento lavorativo e quello sentimentale si ripercuotono anche sulla sua salute fisica rendendolo debole, apatico e del tutto disinnamorato della propria esistenza. Neppure il suo nuovo amico, Luigi, riesce a consolare le sue afflizioni.


«Ripresi la mia vita senza alcuna voglia di vivere. Andavo avanti per inerzia, senza impegno. Facevo le consegne in bicicletta e passavo il resto del tempo a guardare serie tv sdraiato a letto, oppure attaccato al cellulare, a detestare chiunque vedessi su quello schermo».

Ma proprio quando le ombre tetre della depressione incominciano a minare il suo delicato equilibrio psichico e sembrano avere il sopravvento, accade qualcosa di inaspettato. Suo nonno, infatti, ha per lui un ultimo messaggio e un’ultima richiesta: ritrovare un suo carissimo amico, Guglielmo Travi, che vive in Vietnam ed al quale Davide dovrà consegnare una missiva e una parte delle sue ceneri.

Il triste venticinquenne è oltremodo scioccato: perché è stato scelto per quell’assurda missione? Quale insegnamento riuscirebbe a trarre da quell’avventura un fallito e un buon a nulla come lui?

Qui ha inizio il "terzo tempo" del volume. Infatti, dopo numerosi tentennamenti e un milione di interrogativi senza risposta, il ragazzo decide di intraprendere un lunghissimo viaggio che dall’Italia lo condurrà dall’altra parte del mondo e gli consentirà di scoprire una cultura completamente diversa da quella del Bel Paese.

Con l’aiuto del bizzarro personaggio di Guglielmo Travi (chiamato semplicemente Guilly) e grazie alla sua mite guida mistica, Davide riscoprirà il se stesso spensierato e gioioso. Finalmente, grazie all’applicazione delle inconsuete non-regole di Taro suggeritegli proprio da Guilly durante il corso del viaggio, il ragazzo scoprirà che in fondo, in questa esistenza mortale seppure terribilmente imperfetta ed a tratti difficile, accade sempre qualcosa di meraviglioso che ci rende tutti parte di un mistero universale fatto di grazia, purezza e bellezza.


«Che rumore fanno le stelle? Era come se, ad anni luce di distanza da me, ci fosse un mare, le cui onde si infrangevano con forza sulla sabbia. Gli ultimi strascichi di quel suono arrivavano alle mie orecchie, anzi alla mia anima, in modo quasi impercettibile. Ecco che rumore fanno le stelle».

Il traffico sregolato e veloce di Da Lat si contrappone alla pace di quiete cittadine vietnamite immerse nel verde della natura più suggestiva e nella contemplazione delle cose più piccole. Nell’alternarsi di albe e tramonti mozzafiato, in Davide rinascerà la voglia di vivere, il sentimento dell’amore e della gentilezza verso il prossimo. Un avventuroso viaggio, quello nella lussureggiante Asia, che altererà per sempre la sua visione del mondo rendendola migliore e più felice.


«L’amore è l’unica luce in grado di mostrarti la strada per uscire dalle tenebre in cui, a volte, la vita ti fa precipitare. L’amore è ciò che dà senso alla vita. E una vita senza amore, infatti, non ha alcun senso. Amala, sempre. Vedrai che alla fine lei amerà te».

La narrazione dell’autore è leggera, per nulla banale o scontata, assolutamente coinvolgente e con colpi di scena perfettamente incastrati nella trama. Particolarmente apprezzato il finale del testo che lascia volutamente al lettore una sensazione di felice incompiutezza, tipica dei grandi maestri dell’inchiostro. L'autore traccia con linee decise, eppure delicate, i contorni dei mali di vivere del nostro tempo: la depressione, l'ansia, il terrore del fallimento, l'angoscia per il futuro. Nonostante ciò, con un linguaggio fresco e  semplice (che in questo caso non è sinonimo di semplicistico) cerca di suggerire una via di fuga connotata da una speranza di riscatto intrisa di magica e mistica positività. Un romanzo consigliatissimo e da leggere almeno una volta nella vita.

 

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Di regola, non rilascio mai opinioni di natura strettamente personale sulle letture nelle quali mi piace sprofondare ma, in questo caso, lasciatemi spendere poche parole e poi, vi prometto, la mia penna smetterà di imbrattare carta (digitale, in questo caso).

Sarà che questo testo è giunto in mio possesso in un periodo particolarmente negativo della mia vita(ho perduto tragicamente una cara amica e, molto recentemente, anche mia nonna; svolgo una professione che mi dissangua e non mi regala alcun tipo di soddisfazione; mi sento fragilissima e ciò, come nel caso del povero Davide, si ripercuote sul mio stato fisico con tutta una serie di fastidi che non sto qui ad elencare).

Sarà che a suggerirmelo è stata una delle mie migliori amiche, una delle poche alle quali posso dire sinceramente di volere un gran bene (e che non finirò mai di ringraziare).

Sarà che il Destino, talvolta, compie degli strani giri per far sentire la propria voce (quando si dice il tempismo!).

Lasciando da parte questo delirante preambolo, c’è da dire che ho trovato il testo di Gotto incredibilmente illuminante per storia, contenuti e soprattutto per insegnamenti.

Non posso avere la sicurezza assoluta che le non - regole di Guilly funzionino per davvero nelle nostre realtà quotidiane intrise di rabbia repressa, solitudini taciute, tristezze dolorosissime e profondissime. Ma una cosa è certa: la lettura di Succede sempre qualcosa di meraviglioso mi ha insegnato a guardare il tutto che mi circonda con altri occhi e con una consapevolezza del tutto nuova.

Una consapevolezza che mi ha ricordato quanto risulti essenziale osservare le cose e gli accadimenti del mondo in maniera non sempre crudelmente razionale. Ed ancora, quanto sia controproducente insistere nel ricercare risposte immediate ad ogni quesito, poiché, spesso, per utilizzare una frase ricorrente dell'autore, “l’acqua è ancora torbida”.

Spero che chiunque avrà la delicatezza di soffermarsi su queste mie riflessioni e avrà il piacere di leggere anche il testo di Gianluca Gotto, riesca ad interiorizzare le non-regole di Taro. Ciò per avere una prospettiva di vita che sia rivolta ad amare la cultura dell’essere piuttosto che quella dell’apparire. Di seguito, riporto le non-regole che ho deciso di fare mie e dalle quali spero di trarre insegnamento per il futuro.

«Essere ribelli significa essere gentili.

Parla alla tua tristezza come se fosse una vecchia amica.

Se anche dovessi fallire, domani il sole sorgerà lo stesso.

L’ego è l’ostacolo tra te e la felicità.

Se non sai da dove iniziare prenditi cura del tuo corpo.

Il dolore è inevitabile, la sofferenza è una scelta.

Fai una cosa per volta o farai tutto male.

Sii artigiano della tua vita».

 Ilina Sancineti

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