DAMSEL DI EVELYN SKYE: LA NUOVA EROINA CHE SI SALVA DA SOLA.
La vicenda si sviluppa attraverso le avventure della giovane
Elodie, indomita ed indisciplinata duchessa di Inophe, un mondo ricalcato sulla base della struttura degli
antichi regni europei e nel quale la popolazione è afflitta da una terribile
siccità che ha reso arido ogni centimetro di terra portando di conseguenza alla
fame tutti i suoi abitanti.
Per tale ragione, Elodie non può che accogliere con gioia la
promessa di matrimonio che suo padre ha combinato per lei con il principe Henry
di Aurea, regione sconosciuta e avvolta nelle nebbie primordiali.
La protagonista e sua sorella minore, Floria, sono entusiaste
della notizia: attraverso l’inattesa unione, infatti, Elodie potrà realizzare
il suo desiderio di rendersi utile al prossimo, di aiutare la sua gente a vivere
in maniera migliore e Floria, dal canto suo, sarà ricolmata di ricchezze e gloria imperitura.
La futura regina si immagina come una sovrana accorta, gentile e pronta a
soddisfare ogni richiesta dei suoi sudditi e del suo sposo di cui,
tuttavia, conosce solo ciò che è riuscita ad estrapolare dalle smielate lettere che, nel
corso del poco tempo a disposizione, i due giovani si sono scambiati.
«Elodie si sentì avvampare. Vedere il suo futuro marito così
vicino… Santo cielo, era bellissimo. La mandibola sembrava scolpita come il
fianco di una montagna, ma il sorriso ne addolciva i lineamenti. Aveva i capelli
dorati come il castello e due mani forti che parevano fatte apposta per accogliere
la sua».
Tuttavia, la duchessa di Inophe non può sapere che dietro quella impareggiabile raffinatezza si cela un orribile segreto che si trascina da otto secoli. Suo malgrado, lo scoprirà la prima notte di nozze quando, pensando di consumare ore liete e piene di passione con il suo principe, si ritroverà scaraventata nella tana del vero signore del Regno di Aurea: un drago assetato di sangue.
Tra rondini di fuoco, oscuri cunicoli, enigmatiche indicazioni da interpretare, lumache guaritrici fluorescenti, Elodie, sfruttando le sue capacità d’amazzone
consumata, scoprirà una forza che neppure credeva di possedere. Grazie alla sua determinazione svelerà l’esistenza di un patto di sangue che lega il drago agli
antichi reali di Aurea ed a tutti coloro i quali si sono susseguiti nel corso
del tempo. Il solo pensiero di perdere la sua unica ragione di vita, sua
sorella Floria, sarà il vero catalizzatore che le consentirà di ribellarsi al
triste fato al quale è stata condannata proprio da chi riteneva un porto sicuro
nel quale poter sempre attraccare.
Ma l’eroina Elodie non è solo una graziosa damigella (Damsel,
appunto), ma è soprattutto una giovane donna intelligente e dalla finissima astuzia. Ingegnosa a tal punto
da riuscire a memorizzare alcune espressioni utilizzate dal drago, a farle proprie e infine a sfruttarle in suo favore.
Complessivamente, il testo della Skye è davvero interessante
e si legge tutto d’un fiato: sebbene presenti i cliché tipici cui il fantasy ha abituato i suoi estimatori (esseri magici, mondi inesistenti, principi e principesse), l’autrice
ha saputo di sicuro reinventarli creando un racconto avvincente ricco di implicazioni
sulle quali riflettere.
Prime tra tutte, la vivacità emotiva della protagonista: la nobile che “si salva da sola” e che non intende aspettare che
qualcuno lo faccia al suo posto. Elodie è una donna di polso, estremamente
volitiva ed altrettanto coraggiosa. Nonostante la sua situazione appaia più volte
disperata durante la narrazione, la ragazza stringe i denti e continua a
sopravvivere: lo fa per se stessa in primis, ma anche per la propria gente e, in
un secondo momento, per riscattare tutte le disilluse nobildonne che come lei
hanno subito quella ingiusta ignominia.
Un secondo aspetto degno di nota che intendo sottolineare riguarda il tema della maternità che viene egregiamente tratteggiato dalla Skye attraverso l’analisi e la comparazione di un trittico particolare: la vera madre di Elodie (venuta a mancare molto giovane), la matrigna, Lucinda, che si è sempre occupata di sostenere le sue figlie adottive seppure talvolta peccando di rigidità e l’antagonista, la regina Isabelle, la quale pur di salvare suo figlio e mantenere la pace nel proprio reame non riesce a sottrarsi al vetusto e sanguinoso rituale. Tre figure femminili diversissime eppure intimamente connesse a ciò che è insito nella sfera del femmineo universalmente riconosciuto: atto generativo e delicatezza, cura e protezione, sacrificio e dolore. Parafrasando la scrittrice americana Helen Steiner Rice: «L’amore di una madre è qualcosa che nessuno può spiegare, è fatto di profonda devozione, di sacrificio e di dolore, è infinito, altruistico e duraturo, nulla può distruggerlo o portar via»
Interessante è inoltre l’elaborazione creativa della lingua del
drago che l’autrice ha voluto proporre all’interno del proprio romanzo,
probabilmente ispirandosi alla genialità di Tolkien nel suo inimitabile Il
Signore degli anelli, tuttavia senza scadere in una malriuscita scopiazzatura. Tutt’altro:
l’ho trovata sofisticata e ben costruita. A riprova di quanto appena affermato,
infatti, al termine della straordinaria avventura della duchessa di Inophe è possibile trovare un breve glossario e persino le regole sintattiche
della lingua del drago ovvero del Khaevis Ventvis (da Khae: cielo; vis: potere e Ventvis: vent:vento; vis: potere).
Concludendo: volume godibile, dalla scrittura fluida e fortemente descrittiva. Pagine di puro divertimento.
Ilina Sancineti
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