FESTIVAL DI SANREMO 2024: QUANDO LA MUSICA FA SPETTACOLO

 


Da poco più di una settimana, si è chiuso il sipario sulla manifestazione canora più famosa e chiacchierata d’Italia: il Festival di Sanremo. Cinque lunghe serate di spettacolo hanno stravolto il palinsesto della Rai e la quotidianità dei seguaci incalliti della kermesse televisiva.

Permettetemi qualche breve considerazioni da attenta osservatrice degli umori e dei cambiamenti popolari.

Primo punto che occorre approfondire: la conduzione.

Ritengo che Amadeus sia in assoluto uno dei migliori conduttori della scena televisiva attuale. Con la sua simpatica verve è stato capace di gestire egregiamente non solo le cinque serate dell’edizione 2024, ma ben cinque Festival di Sanremo consecutivi. Due edizioni, tra l’altro, in piena emergenza pandemica. Con i suoi modi cortesi e l’assistenza dell’intramontabile e veracissimo collega Rosario Fiorello è stato capace di raggiungere picchi di ascolti insperati, anche considerando la concorrenza spietata delle piattaforme tv a pagamento che offrono miriadi di soluzioni alternative. Non sono per nulla d'accordo con le critiche di quella parte di stampa che lo hanno raggiunto negli ultimi tempi definendolo "grigio", "conformista", "scontato", "seccante", "dispotico". A mio modesto avviso, credo che abbia fatto egregiamente ciò per cui viene retribuito (luogo comune: il suo cachet vi sembra esagerato? Eppure spesso siete attratti da quel famoso giuco del calcio senza che abbiate interesse a considerare che chi tira un calcio ad una sfera viene pagato con cifre astronomiche).

Secondo punto: le canzoni in gara. Ho letto molti commenti negativi in proposito che sproloquiavano sulla presunta mediocrità dei testi e degli arrangiamenti musicali, sull’abbigliamento eccessivo di alcuni artisti durante la propria esibizione, sulla circostanza che: «non è più il Sanremo di una volta e queste sono solo canzonette». Quest’ultimo assunto è solo parzialmente falso: il Festival è innegabilmente mutato nel corso del tempo e ciò ritengo sia una cosa abbastanza ovvia. La manifestazione sanremese è sempre stata in linea con i gusti musicali delle generazioni che si sono avvicendate nel corso degli anni. Se il tessuto culturale è cambiato (come è normale accada ad un’umanità che possa dirsi in evoluzione), gioco forza è logico che anche la musica debba seguire lo stesso percorso e debba adattarsi alle nuove esigenze. È così che la musica contemporanea diventa portatrice di messaggi di esaltazione dell’indipendenza della donna (Fiorella Mannoia, Emma), di riscatto personale e di resa dei conti (Mahmood), d’amore (Renga/Nek, Negramaro, Il Volo), di dolore per una perdita (Irama), di denuncia sociale (Ghali), solo per citarne alcuni.

Come i nostri nonni fecero estrema fatica ad accettare artisti come Loredana Bertè che nel Festival del 1986 si presentò con un finto pancione sul palcoscenico e cantava di rivoluzione femminista o Vasco Rossi che arrivò addirittura ultimo nel 1982 con Vado al massimo, hit che sarebbe diventata uno dei suoi cavalli di battaglia, i nostri genitori non riescono a tollerare la stravaganza musicale (e non solo!) di Dargen D’Amico, l’esuberanza sensuale di Annalisa o di BigMama, il punk italiano dei La Sad, il nuovo e coloratissimo genere multietnico proposto da Angelina Mango che le è valso la vittoria.

Tra qualche tempo, anche la generazione alla quale appartengo non vedrà di buon occhio la rivoluzione del futuro e s’affretterà a ripetere, con quella nota di nostalgia che incrina un poco la voce: «ai miei tempi, era tutto diverso». E ciò per forza di cose: il mondo degli uomini è sottoposto ad un incessante flusso di mutamenti ed essendo la creatura umana un essere fragile per propria natura, essa ha difficoltà ad accettare ogni trasformazione che possa incidere sulla personale zona confort, ovvero su quello stato di cose che si vorrebbe immutabile, ma che immutabile non può restare. Risulta del tutto impossibile resistere o peggio opporsi al cambiamento: ciò comporterebbe il rischio di estraniarsi dalla realtà e divenire un alieno che si muove sul proprio stesso pianeta. Dopotutto, l’evoluzione è partita dalla scoperta del fuoco, il primigenio atto rivoluzionario della storia della nostra specie.

Punto terzo: il podio iridato. Non voglio soffermarmi sulla polemica sollevata in merito al secondo piazzamento del giovanissimo Geolier. Sul punto ho letto commenti al limite dalla censura anche di carattere personale e voglio astenermi dall’alimentare altre ingiuste e immotivate cattiverie sul conto di un artista che ha avuto l’ardimento di proporre un testo scritto e cantato quasi completamente in napoletano. Non sarebbe giusto e non sarebbe etico. Confesso di non essere particolarmente attratta dal genere musicale che il partenopeo ha portato sul palco dell’Ariston, ma rispetto e gioisco dell’ottimo risultato di un ragazzo del Sud e non ho interesse alcuno a contestarlo (considerando l’espressione del voto popolare, la polemica sulla posizione di classifica dovrebbe farsi in altro modo!).

Ho apprezzato molto il pezzo di Annalisa (forse non uno dei suoi migliori, ma sicuramente orecchiabilissimo) e sono rimasta colpita dalla grinta di Angelina Mango, piccola su quel palco immenso, ma grandissima a gestire l’emozione traboccante. La sua personale rivisitazione de La Rondine, brano musicale che fu di suo padre, l’indimenticato Pino Mango, ha toccato corde del mio animo che avevo scordato di possedere e mi ha riportato indietro ai tempi della mia fanciullezza quando le note di Mediterraneo o de La mia città venivano prodotte dall’autoradio della Seat Ibiza di mio padre mentre si andava in vacanza al mare.

Un plauso particolare va alle donne di questo Festival, dominato da guizzi scintillanti e dal look black and white, soprattutto a Loredana Bertè (vincitrice del premio Mia Martini) e Fiorella Mannoia, due mostri sacri della canzone italiana che con la loro grinta e la loro voglia di mettersi continuamente in gioco continuano a regalare brani magnifici. Non vanno dimenticati neppure Irama le cui struggenti interpretazioni restano ben impresse nel cuore degli animi sensibili e Diodato, cantautore ormai affermato, che non manca di donare al pubblico dell'Ariston note un poco più impegnative.

Ultimo punto: alcune chicche. Questo Festival di Sanremo 2024 verrà ricordato per l’intensità emotiva che è stato capace di trasmettere ai telespettatori. Mi riferisco chiaramente agli interventi del Maestro Giovanni Allevi (avete pianto anche voi, non nascondetevi!) ed a quello di Daniela Di Maggio, madre di Giovanbattista (Giogiò) Cutolo, promettente musicista, assassinato a Napoli per futili motivi. 
Ma non solo. Per i cultori del genere, è stato bellissimo ritrovare dopo una malattia che lo aveva tenuto lontano dalle scene per diverso tempo, Il Capitano, il dj Gigi D'Agostino, che a bordo della nave Costa ha riproposto i suoi brani più famosi, quelli che hanno fatto ballare intere generazioni (la mia, in particolare). 

Inoltre, durante la quarta serata della kermesse (nota come serata dei duetti e/o delle cover), mentre Angelina Mango si faceva prendere spiritualmente per mano da suo padre durante la propria performance, altre quattro mani si stringevano materialmente: quella del giovane Alfa (pseudonimo di Andrea De Filippi) e del Professore, il grandissimo Roberto Vecchioni. Un vero e proprio passaggio di testimone la frase del brano Sogna ragazzo sogna: «Ti ho lasciato un foglio/ sulla scrivania/ Manca solo un verso/A quella poesia/Puoi finirla tu».

Una totale apertura del Professore verso le nuove generazioni, affinché la musica (tutta) non sia mai divisiva, ma si trasformi in ponte tra il vecchio e il nuovo, tra quello che costituisce le fondamenta e ciò che si sta costruendo e che, un domani, diverrà un monumento granitico. Pertanto, largo a giovani come Alfa, i Santi Francesi, Maninni, Big Mama, La Sad, Clara ed a tutti coloro che si affacciano con speranza e voglia di fare al nuovo mondo musicale che si sta prospettando.

Al di là di ogni rispettabilissima opinione, sono dell’avviso che il Festival di Sanremo 2024 nel suo complesso sia stato uno bello spaccato di televisione e sia risultato all’altezza delle aspettative del pubblico italiano.

 

 Ilina Sancineti

 


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