SILVIO BERLUSCONI: L'ADDIO ALLA PERSONALITA' PIU' DIVISIVA DI SEMPRE
Eppure, sarebbe da ipocriti negare che il suo carisma e la
sua personalità prorompente non abbiano segnato un’epoca. Un’epoca lunga e zeppa
di contraddizioni che, dopo la sua morte, cede indubbiamente il passo a
qualcosa di nuovo, si spera di migliore.
Mentre una folla in composta e rispettosa attesa, ha dato l’estremo
saluto al Cavaliere riversandosi ai margini delle strade di Arcore e di Milano, ne ho osservata compitamente un’altra, di folla, (questa tutt’altro
che rispettosa) confrontarsi sui social con toni che hanno talvolta oscillato dall’ironia
tagliente e sottile (quella ben accetta e anche appena simpatica) alla cattiveria più spietata.
Per carità, lungi da me incensare un uomo che durante la sua
esistenza terrena non ha risparmiato ai suoi compatrioti praticamente nulla
(dai numerosi processi sia civili che penali a carico, alla burrascosa vita privata,
agli eccessi più disparati) purtuttavia, non posso esimermi dal condannare apertamente alcune affermazioni brutali ed ingiuste che vanno a toccare l’intimo di una
persona. In modo particolare se l’interessato ha da poco lasciato questa terra.
Parlare di detrattori è assolutamente riduttivo, credetemi.
Il tenore di alcuni post lasciati in giro sui network dai soliti leoni da tastiera è disdicevole
e mi astengo da qualunque genere di commento al riguardo.
Eppure, ci sono alcune cose da tenere bene a mente e che, senza
Silvio Berlusconi, ad oggi non avrebbero ragion d’essere.
Anzitutto, penso alle reti private che lui ha avuto la lungimiranza
di creare, finanziare e dirigere nel corso della sua lunga carriera
imprenditoriale, sottraendo alla RAI il monopolio pressoché assoluto dell’informazione
televisiva.
Dalle sue intuizioni visionarie e dall’immaginario dei produttori
che egli stesso provvedeva a scegliere, sono nati programmi di indubbio successo
che hanno tenuto incollati al piccolo schermo milioni di telespettatori. E no,
adesso non venite a dirmi che non avete mai seguito una puntata di BIM BUM BAM quando
eravate bambini; una del Festivalbar, di Supercar, del Principe di Bal-Air in tempi adolescenziali. Che le vostre mamme non abbiano mai sospirato alla vista di Ridge in Beautiful o non abbiano mai sorriso ascoltando il tormentone "che barba che noia" dell'indimenticata Sandra Mondaini. Che un poster di Alba Parietti, di Alessia Marcuzzi, di Simona Ventura non sia mai comparso nelle camerette di voi maschietti dei begli anni Ottanta-Novanta. Oppure, parlando di tempi moderni, che non abbiate mai visto una sola puntata di C’è
Posta per te, di Amici, di Avanti un altro, delle Iene, di Chi vuol essere milionario, di Striscia la notizia e molti altri ancora. Non siate
bugiardi, io vi vedo!
In quello spaccato di vita da riflettori, a parte i volti noti dello spettacolo, molti dei quali sono apprezzati da tutti gli italiani (penso a Gerry Scotti, a Maria De Filippi, a Paolo Bonolis, a Ezio Greggio) hanno trovato spazio un numero imprecisato di altre persone: comunissimi mortali come me che in questo momento sta buttando giù queste righe. Dietro le macchine da presa, gli studi scintillanti, le moine delle prime donne vi è un sottobosco di registi, scenografi, fotografi, giardinieri, truccatori, parrucchieri, costumisti, tecnici di ogni sorta, magazzinieri. Ognuna di queste persone deve alla famiglia Berlusconi un ringraziamento disinteressato per aver dato loro un’opportunità lavorativa irripetibile. Un lavoro che ha permesso di costruire un progetto di vita, di realizzarsi, di affrontare la quotidianità con la sicurezza di non essere sbattuti in mezzo alla strada da un momento all’altro. Un lavoro che ha dato pane e case e famiglia e stabilità. Dunque, da questo punto di vista non credo si possa rimproverare al Cavaliere alcunché.
Bisogna analizzare ogni cosa sempre con estrema lucidità ed
io sono abituata ad essere diplomatica, non certo ignava.
Stesso identico discorso deve essere fatto per quanto riguarda
le innovazioni calcistiche: a mio avviso, lì si è manifestato in pieno il genio
di Silvio Berlusconi.
Il suo Milan con i grandi campioni olandesi è diventata la squadra italiana più titolata di sempre, tanto da proiettare il nome della nostra nazione nell’Olimpo delle squadre più blasonate di tutto il mondo.
La mia fede calcistica ha colori del tutto differenti, eppure pronuncerei una falsità se dicessi di restare indifferente ai ricordi del Milan degli anni Novanta e dei primi del Duemila che sbaragliava senza affanni corazzate del calibro del Barcellona, del Real Madrid, oppure che, nell’ormai lontano 28 maggio 2003, batteva in finale di Champions League la Juventus. Infine, l’avventura al Monza calcio: un piccolo club di una città nebbiosa che dalla Cenerentola della serie cadetta è divenuta in soli due anni una vera e propria principessa della serie A.
Queste considerazioni possono apparire riduttive, persino fuori luogo, se la storia dell'ascesa di Silvio Berlusconi continua ripetutamente ad essere collegata a quella delle stragi di mafia, della megalomania senza precedenti di un uomo anticonvenzionale, della “condotta
delinquenziale” per citare alcune sentenze che lo hanno visto imputato, più
volte assolto (tra l’altro). Come dicevo pocanzi: diplomatica sì, ma mai ignava.
Capitolo a parte va riservato alla questione delle esequie
di Stato e del lutto nazionale, argomento anche questo molto dibattuto sui social: e qui la questione si fa complessa. Le
prime, per legge, spettano a coloro che hanno ricoperto la
carica di presidente di un organo costituzionale, ai ministri in
carica, (dunque al presidente del Consiglio, al presidente
della Repubblica, ai presidenti della Camera e del Senato e della Corte
Costituzionale) e a coloro che si sono distinti per le loro azioni a
servizio della patria o alle vittime di mafia e terrorismo; il lutto nazionale, invece, viene proclamato in occasione di fatti di estrema gravità o al decesso di
personalità particolarmente influenti.
La differenza? Il primo è previsto e disciplinato dalla
legge italiana; il secondo è in genere connesso all'arbitrio degli organi
di governo.
Perché per Berlusconi sì e per Giovanni Falcone e Paolo Borsellino,
no?
Quanto ai funerali di stato, mi pare abbastanza ovvio: Falcone
e Borsellino erano magistrati e non componenti delle più alte istituzioni
italiane ( è la normativa nazionale a stabilirlo, non certo io!).
Sul secondo punto, è lampante che gli italiani non studino
la storia e chi l'ha vissuta abbia memoria corta.
Nei primi anni Novanta, quando si consumarono le stragi di Capaci
e di via D’Amelio, la mafia era un’ombra terribile, nient’affatto silenziosa,
nient’affatto accondiscendente. Un’ombra vendicativa che si insinuava ovunque
come un cancro. Tutti ne avevamo paura: istituzioni (forse colluse?) comprese.
La morte dei due magistrati siciliani ha segnato un punto di confine tra ciò che è stato e ciò che è.
Il lutto nazionale in quel particolare momento storico non
era neppure concepibile come idea. Oggi sì, proprio grazie al loro sacrificio
in nome della legalità. Quelle due tragedie hanno insegnato a tutti noi che c’è
un prima d’ombra intriso di malaffare, di illegalità, di sangue e un dopo appena
luminoso in cui tutto ciò si contrasta, si osteggia, si combatte con giornate
del ricordo, con memoriali, con testimonianze continue, insomma, con la parola e con lo scritto.
È ingiusto? Altroché!
È opportuno? A mio parere, sarebbe stato meglio evitare di strumentalizzare ancora di più una vicenda già piuttosto propagandata (soprattutto da parte di certa politica e di certa informazione). Ma, per citare il Maestro Luigi Pirandello: così è, se vi pare.
Tornando a Silvio Berlusconi, nonostante i suoi famosissimi strafalcioni (memorabile è la grottesca espressione di apprezzamento della giunonica first lady americana Michelle Obama), l’atteggiamento politico ambiguo, i suoi presunti legami con la criminalità organizzata, la sottoscritta non riesce a provare sentimenti d'odio o rancore verso un uomo che si è congedato dalla vita per iniziare a viverne un’altra, in un altro luogo, in un’altra dimensione.
E se errori colossali da parte sua sono stati commessi, lasciate che sia
la Giustizia divina a farsene carico. Se male è stato compiuto, lasciate che
sia il Cielo a lavarne le empietà.
Ai morti imparate a tributare un minimo di dovuto rispetto: un domani, tutti andremo dall’altra parte e v’assicuro nessuno è esente da errori. Neppure io.
Non avrei piacere se degli estranei infangassero il mio nome una volta morta.
E voi, sareste felici se qualcuno che non conosce la vostra storia giudicasse la vostra esistenza solamente per antipatia o per partito preso?
Meditate gente, meditate...
Ilina Sancineti
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