L'ITALIA E' UNA REPUBBLICA DEMOCRATICA FONDATA SUL LAVORO.

 

“L’Italia è una Repubblica democratica 
fondata sul lavoro”.

Quando i padri costituenti elaborarono il I comma dell’art. 1 della Costituzione italiana, utilizzarono scientemente tre sostantivi di primaria importanza: repubblica, democrazia, lavoro.

Mentre i primi due, incarnano senz’altro il pensiero (e l'insegnamento) libertario conseguente alla drammatica esperienza dell'epoca regia prima e fascista poi, il terzo si poneva l'obiettivo di rivestire di nuova dignità tutte quelle attività umane che i due conflitti mondiali avevano contribuito ad abbruttire.

Quest'oggi ricorre la Festa del Lavoro (o dei lavoratori).

La sottoscritta, come al solito, preferisce muoversi controcorrente e non lasciarsi coinvolgere in festeggiamenti tanto ipocriti, quanto inutili e, per certi versi, addirittura grotteschi.

Anzi, voglio raccontarvi una storia intrisa d’amara consapevolezza: è la storia di Marta, ma anche di Carmine, di Eleonora, di Hussein, di Katrina, di Michelle, di Giuseppe e un po’ di tutti gli italiani che ancora nell'anno del Signore 2023 faticano a coniugare la parola lavoro con quella di dignità.

Così, succede che Marta si sia laureata a ventidue anni col massimo dei voti ma, per sbarcare il lunario, sia costretta a lavorare come stagista per sedici ore al giorno per quattrocento euro mensili. “Accontentati, sei giovane e sei anche fortunata, in fondo c’è di peggio!” non fanno altro che ripeterle. Marta la sera torna a casa e piange: piange perché ha il presentimento di aver rincorso con fatica un titolo di studio che non l'aiuterà a migliorare la propria condizione sociale.

E' noto poi, come Carmine, giovanissimo padre di famiglia, si spacchi la schiena sui cantieri per cinquanta euro al giorno e senza alcuna garanzia per il futuro. Dal lunedì al sabato, respira cemento e fumi tossici perché non può contare sulla presenza del benché minimo dispositivo di protezione individuale. Carmine la sera torna a casa e guarda suo figlio appena nato: gli stringe la manina, mentre la rabbia e la preoccupazione gli corrodono l’anima.

La libera professione è ciò che Eleonora aveva sempre sognato fin da quando era bambina: passa il giorno tra un’aula di udienza e un’altra e le notti a studiare pareri e terminare atti di difesa. Eleonora paga tutto con regolarità; non si concede ferie; è pressata dalle scadenze. Guadagna poco ed è sommersa dalle tasse, tanto che sta pensando di abbandonare la professione che ama. Eleonora la sera torna a casa disillusa: farcisce un panino con del tonno in scatola e vorrebbe sparire perché crede di aver sbagliato tutto nella vita.

Capita spesso che Hussein, sbarcato in Italia dalla Costa D’Avorio nel 1999, sia costretto a lavorare nelle piantagioni di arance del sud Italia in condizioni che di umano non hanno praticamente nulla (men che meno il salario). Hussein la sera si rifugia nella baracca fatiscente che condivide con altri sei ragazzi: si guarda le mani ruvide, si nasconde la faccia e prega che l’indomani riesca a sopravvivere ai raggi del sole che picchiano roventi sulla sua testa.

Katrina, invece, è una bella ragazza: sognava di sfilare sulle passerelle oppure di intraprendere la carriera di attrice. Invece, si occupa di assistere chi ha più bisogno nelle proprie case, quasi sempre a nero e quasi mai retribuita regolarmente. Talvolta, viene addirittura offesa e persino palpeggiata. Katrina la sera si guarda nel riflesso dello specchietto da borsetta, mentre rientra a casa con la metro: le prime rughe dell’età avanzano con sempre maggiore insistenza sulla sua fronte e, presto, la fatica contribuirà a sciupare quello che rimane della sua giovinezza. 

E vogliamo parlare di Michelle? Anche lei è una bella donna: una bella donna con una bambina di un anno da crescere da sola. Lei lo sa: il denaro non può comprare la dignità di un individuo, però, serve ad acquistare i beni che sono indispensabili per provvedere al sostentamento di quel fagottino. Così, Michelle cuce fino a tardi in una boutique di alta moda. È la più fortunata di tutti: ha un lavoro da dipendente da ottocento euro al mese, un giorno di riposo a settimana, una settimana di ferie all’anno. Ma che fatica arrivare alla fine del mese quando vivi in un monolocale in affitto a Milano! Michelle la sera torna a casa: osserva gli occhi azzurri di sua figlia. Ogni sacrificio è per lei, solo ed esclusivamente per lei.

Infine c’è Giuseppe: qualche giorno fa, una sua collega è morta sul posto di lavoro perché un paziente disturbato l’ha massacrata di botte. Giuseppe da oltre cinquant’anni indossa il camice che ha giurato di onorare per sempre ad ogni turno, con dedizione assoluta, con senso del dovere. Giuseppe salva le vite, ma ogni giorno torna a casa, guarda sua moglie e pensa che col passare del tempo tutto diventa tristemente, tremendamente più difficile.

Questa è in Italia la vera condizione di migliaia di lavoratori: non nascondiamoci davanti all’enorme divario che esiste tra la popolazione. Smettiamo di dire che va tutto bene; smettiamo di accontentarci; smettiamo di violentare la nostra intelligenza. Pretendiamo diritti; pretendiamo rispetto; pretendiamo tutele; pretendiamo salari giusti; pretendiamo parità di retribuzione tra uomini e donne; pretendiamo condizioni di lavoro rispettabili.

Oggi è la festa dei lavoratori: ricordiamo di sostenere, ciascuno con le proprie forze, quella pietra angolare rappresentata dal I comma dell'art. 1 della Costituzione sulla quale, il 1° gennaio 1948, un' intera Nazione ha posto le proprie fondamenta. 

Ilina Sancineti

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