L'ITALIA E' UNA REPUBBLICA DEMOCRATICA FONDATA SUL LAVORO.
Quando i padri costituenti elaborarono il I comma dell’art. 1 della Costituzione italiana, utilizzarono scientemente tre sostantivi di primaria importanza: repubblica, democrazia, lavoro.
Mentre i primi due, incarnano senz’altro il pensiero (e l'insegnamento) libertario conseguente alla drammatica esperienza dell'epoca regia prima e fascista poi, il terzo si poneva l'obiettivo di rivestire di nuova dignità tutte quelle attività umane che i due conflitti mondiali avevano contribuito ad abbruttire.
Quest'oggi ricorre la Festa del Lavoro (o dei lavoratori).
La sottoscritta, come al solito, preferisce muoversi controcorrente e non lasciarsi coinvolgere in festeggiamenti tanto ipocriti, quanto inutili e, per certi versi, addirittura grotteschi.
Anzi, voglio raccontarvi una storia intrisa d’amara consapevolezza: è la storia di Marta, ma anche di Carmine, di Eleonora, di Hussein, di Katrina, di Michelle, di Giuseppe e un po’ di tutti gli italiani che ancora nell'anno del Signore 2023 faticano a coniugare la parola lavoro con quella di dignità.
E' noto poi, come Carmine, giovanissimo padre di famiglia, si spacchi la schiena sui cantieri per cinquanta euro al giorno e senza alcuna garanzia per il futuro. Dal lunedì al sabato, respira cemento e fumi tossici perché non può contare sulla presenza del benché minimo dispositivo di protezione individuale. Carmine la sera torna a casa e guarda suo figlio appena nato: gli stringe la manina, mentre la rabbia e la preoccupazione gli corrodono l’anima.
La libera professione è ciò che Eleonora aveva sempre sognato fin da quando era bambina: passa il giorno tra un’aula di udienza e un’altra e le notti a studiare pareri e terminare atti di difesa. Eleonora paga tutto con regolarità; non si concede ferie; è pressata dalle scadenze. Guadagna poco ed è sommersa dalle tasse, tanto che sta pensando di abbandonare la professione che ama. Eleonora la sera torna a casa disillusa: farcisce un panino con del tonno in scatola e vorrebbe sparire perché crede di aver sbagliato tutto nella vita.
Capita spesso che Hussein, sbarcato in Italia dalla Costa D’Avorio nel 1999, sia costretto a lavorare nelle piantagioni di arance del sud Italia in condizioni che di umano non hanno praticamente nulla (men che meno il salario). Hussein la sera si rifugia nella baracca fatiscente che condivide con altri sei ragazzi: si guarda le mani ruvide, si nasconde la faccia e prega che l’indomani riesca a sopravvivere ai raggi del sole che picchiano roventi sulla sua testa.
Katrina, invece, è una bella ragazza: sognava di sfilare sulle passerelle oppure di intraprendere la carriera di attrice. Invece, si occupa di assistere chi ha più bisogno nelle proprie case, quasi sempre a nero e quasi mai retribuita regolarmente. Talvolta, viene addirittura offesa e persino palpeggiata. Katrina la sera si guarda nel riflesso dello specchietto da borsetta, mentre rientra a casa con la metro: le prime rughe dell’età avanzano con sempre maggiore insistenza sulla sua fronte e, presto, la fatica contribuirà a sciupare quello che rimane della sua giovinezza.
Questa è in Italia la vera condizione di migliaia di lavoratori: non nascondiamoci davanti all’enorme divario che esiste tra la popolazione. Smettiamo di dire che va tutto bene; smettiamo di accontentarci; smettiamo di violentare la nostra intelligenza. Pretendiamo diritti; pretendiamo rispetto; pretendiamo tutele; pretendiamo salari giusti; pretendiamo parità di retribuzione tra uomini e donne; pretendiamo condizioni di lavoro rispettabili.
Oggi è la festa dei lavoratori: ricordiamo di sostenere, ciascuno con le proprie forze, quella pietra angolare rappresentata dal I comma dell'art. 1 della Costituzione sulla quale, il 1° gennaio 1948, un' intera Nazione ha posto le proprie fondamenta.
Ilina Sancineti
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