SE UNA NOTTE D'INVERNO UN VIAGGIATORE - ITALO CALVINO -RECENSIONE
Il titolo Se una notte d’inverno un viaggiatore di Italo Calvino, edito dalla Mondadori, sembra richiamare scene vagamente esotiche e dice molto del contenuto di questa sapiente opera del Maestro di natali cubani.
Nelle belle pagine del testo, l’Autore accompagna i propri
lettori in un cammino solo all’apparenza rilassante: per ingraziarseli consiglia infatti di mettersi
comodi, di trovare un luogo in cui la lettura è più congeniale, un ambiente che
possa regalare loro serenità. Questa mano che Calvino tende al vorace fruitore
della sua fatica letteraria è percepibile dall’inizio fino alla fine del testo, quasi
fosse quella di un padre prudente che osserva il proprio figliolo andare in bicicletta
per la prima volta.
Il volume si rivela un’opera con all’interno una moltitudine
diversa e sfaccettata di altre piccole opere: ogni capitolo de Se una notte d’inverno
un viaggiatore si apre con una vicenda che non procede in quelle successive e misteriosamente
si interrompe, instillando nell’animo un'inconsueta sensazione di sospensione e
quasi un interiore moto di stizza. I capitoli dalla numerazione dispari, in
particolare, costituiscono il file rouge dell’intero romanzo: la
geniale mistificazione per narrarne il prosieguo.
È in questo contesto che trovano spazio i sentimenti (e le mille peripezie)
che animano il Lettore e la Lettrice (alla quale Calvino attribuisce il nome di
Ludmilla) che, alla fine, altri non sono che una sorta di alter ego di quel noi che
abbiamo gli occhi incollati sul suo lavoro e ne attendiamo quelli che
dovrebbero esserne i naturali sviluppi (inizio, svolgimento, fine).
Il Lettore e la Lettrice tra una riga e l’altra, una storia
e l’altra, non fanno altro che ricercare spasmodicamente La Storia, quella
originale, che, come una sorta di infinita tela di Penelope, ogni volta che
incomincia viene spezzata sul più bello: nelle prime trenta pagine circa perché
il libro che il Lettore e Ludmilla hanno iniziato a leggere presenta solamente
dei sedicesimi per un presunto errore di stampa e nelle successive riprende
esattamente da dove era incominciato; poi perché il volume originale
risulterebbe essere stato redatto da altro autore utilizzando uno pseudonimo;
ancora perché si assume sia stato addirittura falsificato da un certo Ermes Marana
e così via per quasi trecento pagine.
Se una notte d’inverno un viaggiatore si trasforma così
nella storia di Zenone di Elea che ha perduto un treno in una stazione
ferroviaria; in quella di Gritzvi che si scontra con Ponko; in quella di una
pittrice ed un meteorologo; in quella di un ambiguo triangolo amoroso; in
quella di un omicidio e di un cadavere da far sparire; in quella di un professore
ossessionato dallo squillo di un telefono; in quella di un saggio orientale
e di un suo allievo; in quella di un intreccio di relazioni erotiche tra i tre protagonisti; in quella
di un ragazzo del centro America alla ricerca delle proprie origini; infine in
quella, a mio avviso meravigliosa, in cui un uomo riesce a cancellare con i
propri pensieri tutto ciò che è esistente al mondo, conservando solamente l’immagine
di Francesca, la donna per cui prova un sentimento.
Il Lettore quasi al termine della vicenda scoprirà in verità che l’affascinante Ludmilla fa parte di una sorta di un'associazione segreta di falsari di libri d’autore e che l’intera diabolica macchinazione è stata ordita dal Marana in persona per dimostrarle che “il mondo esiste solo come artificio, finzione, malinteso, menzogna”.
In questo ambiente bizzarro (azzarderei psichedelico) si incroceranno spie che spiano finte
spie e viceversa, pirati, falsari, guardie e presunte tali, immaginari tutori
dell’ordine, fittizie organizzazioni internazionali, il tutto in un piano di apparente
confusione generale che Calvino condensa in due frasi dal sapore evocativo:
“Ogni regime, anche il più autoritario, sopravvive in una
situazione di equilibrio instabile, per cui ha bisogno di giustificare
continuamente l’esistenza del proprio apparato repressivo, dunque di qualcosa
da reprimere. La volontà di scrivere cose che diano fastidio all’autorità
costituita è uno degli elementi necessari a mantenere questo equilibrio”.
Di superbo ingegno è la scelta letteraria dell’Autore che, collegando tra loro i titoli dei diversi romanzi interrotti, darà origine ad un’unica, straordinaria, proposizione di senso compiuto: Se una notte di inverno un viaggiatore, fuori dell’abitato di Malbork, sporgendosi dalla costa scoscesa senza temere il vento e la vertigine, guarda in basso dove l’ombra s’addensa in una rete di linee che s’allacciano, in una rete di linee che s’intrecciano sul tappeto di foglie illuminate dalla luna intorno a una fossa vuota, - Quale storia laggiù attende la fine? - chiede, ansioso d’ascoltare il racconto.
Questo è ciò che la sottoscritta definisce, senza mezzi
termini, capolavoro letterario.
Un romanzo che è metaromanzo di finissima fattura e
finissimo genio; che cattura l’attenzione del lettore, in alcuni punti
addirittura la brama, la pretende. Il lettore non è autorizzato a distrarsi. Ciò
potrebbe avere un unico, disastroso risultato: ripartire daccapo.
Scrive Calvino: "I lettori sono i miei vampiri. Sento una
folla di lettori che sporgono lo sguardo sopra le mie spalle e s’appropriano
delle parole man mano che si depositano sul foglio".
Colui che si accinge a perdersi in questi meandri di carta e
inchiostro deve essere consapevole che intraprenderà un curioso viaggio in cui
niente sarà come sembra, in cui la parola consuetudine verrà cancellata,
in cui l’ovvio non sarà più tale.
Italo Calvino con Se una notte d’inverno un viaggiatore
conferma la sua fama di eccellente e dottissimo affabulatore, nonché attento conoscitore
della contemporaneità. Una contemporaneità spocchiosa che desidera il tutto e
subito e poi quasi se ne stanca e, solamente dopo un faticoso vagare, giunge all’unica verità della esistenza terrena: quel che conta davvero è il viaggio.
Ilina Sancineti
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