TURCHIA E SIRIA ACCOMUNATE DA UN TRAGICO DESTINO
Ancora oggi è incerto il bilancio delle vittime (oltre quarantasettemila allo stato) causate dal devastante terremoto abbattutosi su Siria e Turchia nella notte tra il 5 e il 6 febbraio corsi.
Sono immagini strazianti quelle che i mezzi di informazione ci restituiscono quotidianamente: cadaveri in attesa di degna sepoltura, sfollati disperati, intere famiglie smembrate, orfani che si aggirano storditi tra polvere e calcinacci.
Due violentissime scosse di magnitudo rispettivamente di 7,8 e 7,5 sulla scala Richter hanno
completamente raso al suolo intere cittadine e, in pochi terrificanti momenti, la
Morte ha disteso le sue scheletriche falangi su una porzione di mondo già sfregiata
da infiniti conflitti interni, situazioni al limite del degrado, povertà e fame.
È bastato un unico ed impercettibile giro di lancetta affinché tutto quello che l’uomo resiliente si era impegnato a costruire con immensa fatica, nell’utopistica prospettiva di un avvenire migliore, venisse giù come se si trattasse di svolazzante pot-pourri.
Al momento in cui scrivo, purtroppo, le operazioni di soccorso vanno lentamente a scemare nell’ormai dolorosa prospettiva che nessuna altra persona possa essere sopravvissuta dopo oltre 504 ore sotto cumuli di macerie. Inoltre la terra continua a tremare ininterrottamente aggiungendo altri danni (ed altri morti) a questa indicibile catastrofe.
Chi non ha vissuto sulla propria pelle l’incubo del terremoto non è in grado di comprendere che cosa si provi in quegli attimi infiniti di impotenza e terrore.
Il brancolare nel buio a tentoni mentre il suolo non smette di vibrare
e rischia di farti rovinare in basso, quasi fossi un pupazzo di cartapesta.
L’oscurità ed il freddo delle ore più cupe della notte.
La sensazione di essere diventato paraplegico e di non riuscire a trovare l’uscita della tua abitazione che tu sei certo sia lì, esattamente dove l'avevi lasciata, magari solo tre minuti prima. Le urla disperate di chi cerca i propri cari. Le voci rotte dal pianto che sfumano nelle strade in sussurri atterriti. Il frastuono stordente degli antifurti delle auto e delle case, oppure quello delle ambulanze e dei mezzi di soccorso. Il guardarsi attorno e vedere il paesaggio tanto caro completamente trasformato.
In Italia in generale, e in Calabria particolarmente, la popolazione si è, per così dire, “abituata” a simili fenomeni: ogni calabrese è ben consapevole di trascorrere la propria vita passeggiando su una bomba ad orologeria che nessuno è in grado di rivelare se e quando esploderà (in Calabria sono presenti oltre dodici faglie attive e le coste Tirreniche distano neppure centocinquanta chilometri dal Marsili, il vulcano sottomarino più grande d’Europa).
Se è vero che nessun terremoto può essere previsto (almeno così sostengono
gli studiosi del settore) è vero anche che risulta sempre più urgente
implementare l’utilizzo di materiali e di quelle tecniche di costruzione (già
ampiamente sperimentate nel Giappone) che possano essere in grado di attutire
la portata di eventi drammatici come quelli che si sono consumati in Siria e Turchia.
Sia chiaro, non illudiamoci: nessun edificio e nessun materiale avranno
mai la caratteristica dell’indistruttibilità, tuttavia, un impiego consapevole
di tecnologie, uomini e mezzi, potrebbe avere la possibilità di salvare vite in un futuro prossimo.
Che il dramma del popolo siriano e di quello turco funga da ammonimento per tutti noi. E forse, anziché fomentare a livello internazionale lo scoppio di un conflitto mondiale senza accettare alcun tipo di mediazione, sarebbe più giusto sostenere con i fatti coloro i quali ne abbiano necessità. Ma questa è una mia opinione personale.
MAGNITUDO X
Tremano queste mura
come pagine di pergamena
tra le mani antiche
di infaticabili amanuensi.
Tremano questi cuori
come gocce di rugiada fresca
sulle foglie rossastre
di un autunno carico di nebbia.
Che frastuono il silenzio stasera!
Silenzio che fa paura,
sa di vita e morte assieme.
Fa il fiato più corto.
Oscure polveri tra le macerie.
Tremano senza requie
le membra e gli inani arnesi,
le mura e i cuori.
di un’alba colma di malinconia
che conceda giustizia
ad ogni disincantata speranza.
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