Nella notte appena trascorsa, la kermesse musicale italiana più chiacchierata (da alcuni detestata) dell'anno ha chiuso trionfalmente i battenti con un arrivederci festoso al 2024. Si è trattato, senza dubbio, di un Festival di Sanremo denso di emozioni
contrastanti che ha premiato, quasi si fosse trattato di un plebiscito (primo dall'inizio alla fine), il laziale Marco Mengoni con l'intenso brano
Due vite. Secondo classificato l’emergente Lazza e terzo il biondissimo Mr Rain.
A mio avviso, la prima serata è stata quella che ha lasciato maggiormente il segno grazie, soprattutto, al monologo superbo di Roberto Benigni sulla Costituzione italiana al cospetto per la prima volta nella storia del Festival del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, apparso visibilmente commosso al momento della citazione di suo padre tra i fondatori della nostra Carta Costituzionale.
Ho avuto modo di apprezzare moltissimo l'intervento sulla mancata maternità di Chiara Francini, sul sentirsi sbagliate perché è la società che non fa altro che puntare il dito (delicatissima e forte assieme) e quello
sulla libertà di Pegah Moshir Pour accompagnata sul palco da una poliedrica Drusilla
Foer. Meno quello costruito a tavolino di Chiara Ferragni che pure ha
detto parole che non mi hanno lasciata del tutto indifferente e che non mi
sento di criticare.
Credo che il senso del Sanremo di quest’anno risieda proprio
tutto qui: una manifestazione superba dal punto di vista dello spettacolo e
dell’organizzazione, molto meno per quello che concerne la musica.
Fatta eccezione per pochi artisti che mi hanno colpita (tra questi, a parte i vincitori, Colapesce e Di Martino,
Ultimo, Tananai, Madame, Gianluca Grignani, i Modà e gli Articolo 31) ho
trovato davvero deludente il contenuto musicale nel suo complesso. Neppure la Giorgia nazionale, dalla quale mi aspettavo letteralmente
un’esplosione sul palco, mi ha lasciato qualcosa. Ciò probabilmente dovuto al
fatto che il suo brano è indubbiamente uno dei più difficili dal punto di vista
tecnico (almeno così sostengono gli addetti ai lavori).
Tra paillettes, glitter, inutili slogan femministi sugli
abiti super griffati (Chiara Ferragni docet), vestiario fin troppo succinto per
alcune artiste (che hanno tolto valore al potere della musica per calamitarlo
verso altro, vedi Elodie e Arisa nella serata delle cover), inni al sesso
spregiudicatamente libero (Rosa Chemical ne è l’emblema) credo che il Festival
che pure è stato piacevole e a tratti interessante, abbia perduto la sua bella verve di manifestazione prettamente canora dei tempi andati. Questo nonostante il boom di ascolti, stando ai risultati dei dati auditel riportati da stampa, televisione e web (truccati? Chi può dirlo?).
A dir poco spettacolare l’esibizione dei giganti Morandi,
Albano e Ranieri (davvero di un altro pianeta), così come quella dei Pooh (da
molti ingiustamente criticati). Nella serata di chiusura è stato proprio Gianni Morandi
a regalarmi una fortissima emozione con il suo commovente omaggio al
compianto maestro Lucio Dalla (sulle note di Caruso non ho potuto fare a meno
di versare qualche lacrimuccia).
Forte anche l’esibizione di Gianluca Grignani assieme ad
Arisa, se non altro per il merito di aver riportato sul palco l'amatissimo Maestro Beppe Vessicchio.
Poche parole sul conduttore Amadeus e sul co-conduttore Morandi: insieme una coppia praticamente perfetta. Due impeccabili padroni di
casa che hanno gestito cinque lunghissime serate in maniera egregia, senza
eccessi e con qualche battuta ad effetto nei momenti in cui era necessario
mantenere il sangue freddo.
Bravissime anche le quattro donne che li hanno affiancati:
Chiara Ferragni (onestamente? Mi aspettavo peggio!), Paola Egonu (simpatica e
umile), Chiara Francini (l’ironia fatta persona), Francesca Fagnani (professionale e molto sensuale).
In un Festival che inneggiava alla libertà, alle donne, all’amore avrei gradito, però, almeno una presenza femminile tra i primi cinque classificati: ma tant’è. I tre brani vincitori sono sicuramente lo specchio dei tempi
(non proprio luminosi) e di una generazione dalla quale, noi adulti, siamo ahimè sempre più distanti.
Tre considerazioni conclusive: un plauso a Marco Mengoni per aver dedicato la vittoria
a tutti i suoi compagni di viaggio; un altro a Lazza per aver emozionato sua madre donandole i
fiori e ricordando che questi gesti andrebbero compiuti più spesso verso i
propri genitori; un ultimo (più sentito) a Mr Rain l’unico artista che, in mezzo al disastro
di rose recise, trucco vistoso (e trasgressivo), atteggiamenti ambigui (ed a
momenti anche molto volgari) ha restituito all’Ariston quell’alea di
fanciullesca purezza di cui una volta era notoriamente connotato.
Il mio podio ideale? Mr Rain, Marco Mengoni, Ultimo.
A chi ha seguito questi cinque intensissimi giorni, buona ripresa dalla sbronza sanremese! A chi ha deciso di farne a meno dedicandosi ad attività più interessanti, un buon fine settimana di riposo e serenità.
Ilina Sancineti
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