SETA: LA FICTIO MAGISTRALIS DI ALESSANDRO BARICCO


Quando una persona cara mi omaggia di un testo ciò mi rende particolarmente lieta. Soprattutto quando il gesto è compiuto affettuosamente con il preciso intento di arricchire il mio bagaglio culturale.

È la prima volta che mi sono accostata ad Alessandro Baricco, autore italiano molto noto e ad un suo testo, a detta di alcuni, anche piuttosto ostico e “fastidioso”.

Seta è un piacevole volume di un centinaio di pagine che ho letto tutto d’un fiato durante uno di quei fine settimana piovosi e freddi d’inverno.

Sebbene la vicenda narrata appaia scontata e l’autore abbia inteso, probabilmente, realizzare un puro esercizio stilistico d’alto livello letterario, ne ho colto comunque delle sfumature che meritano di essere analizzate.

Seta narra della storia di Hervé Joncour, un commerciante di bachi da seta di Lavilledieu, nella Francia di fine Ottocento.

Si tratta di una vicenda “assai curiosa” che Baricco rende, talvolta, all’apparenza monotona, disseminando (aggiungerei ingegnosamente) ripetizioni di passi all’interno dello stesso testo.

Ma procediamo con ordine: la trama.

Hervé Joncour per via del suo lavoro di “artigiano della seta” è spesso costretto a viaggiare in lungo e in largo per il globo lasciando la sua giovane moglie ad attenderlo con ansia ogni volta. Sarà però il viaggio in Giappone quello che segnerà una sorta di capolinea al suo frequente peregrinare. 
Nel villaggio di Hara Kei, infatti, si imbatte in una fanciulla senza nome, una concubina del padrone di casa, di cui s’invaghirà perdutamente pur non avendola sentita neppure parlare. L’attrazione per l’avvenente e sconosciuta ragazza sarà tale da costringerlo a ritornare da lei, nonostante nel frattempo nel Giappone sia scoppiato un conflitto ed i viaggi risultino estremamente pericolosi. 

Eppure il vero amore Hervé lo possedeva già e lo ritroverà solamente nelle braccia della moglie devota e fedele: Hèléne. Al termine del breve romanzo il protagonista, con una punta di amara delusione, comprenderà che tutto ciò che sperava di trovare “alla fine del mondo” in realtà, era proprio davanti a lui.

“Ogni tanto, nelle giornate di vento, Hervé Jouncour scendeva fino al lago e passava ore a guardarlo, giacché disegnato sull’acqua, gli pareva di vedere l’inspiegabile spettacolo lieve, che era stata la sua vita”.

La prosa di Baricco, a tratti poetica e leggera, quasi si spoglia sotto gli occhi avidi del lettore. La tecnica dell’autore è magistrale e persino le ripetizioni che si susseguono di capitolo in capitolo, dimostrano di avere un senso compiuto e si connettono le une alle altre in maniera deliziosa. Seta è un piccolo puzzle composto da frammenti apparentemente identici eppure diversissimi. 
Il “trucco” per poter comprendere appieno questa lettura risiede nel non farsi distrarre dalla “fictio magistralis” architettata dall’autore, ma di cogliere tra le righe il vero senso delle vicende: talvolta ciò che possediamo sembra non renderci appagati e, per assecondare un capriccio di pienezza irraggiungibile, siamo capaci di arrivare “fino alla fine del mondo” pur avendo già tutto a nostra completa disposizione.

In fondo “è uno strano dolore morire di nostalgia per qualcosa che non vivrai mai”.


Ilina Sancineti

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