L'ALBICELESTE SUL TETTO DEL MONDO
Dopo sessantaquattro incontri disputati tra le diverse nazionali di calcio, più o meno blasonate, finalmente, il circo mondiale si è concluso.
L’Argentina ne è uscita vincitrice solo ai rigori calciati magistralmente
dai “prescelti”, primo tra tutti Lionel Messi, ormai osannato dagli argentini, da tutta la stampa e dall'intero globo come il fenomeno dai piedi d’oro.
Sebbene si tratti di una grande potenza calcistica (e questo
è indubbio!) l'Albiceleste non ha incontrato le preferenze della sottoscritta in
questo mondiale quaterino, poiché il mio “tifo da stadio”, in assenza dell'Italia, era
orientato in tutt’altra direzione (la Croazia). Ma tant’è.
Da sportiva reputo necessario congratularmi con i vincitori:
un plauso deve essere rivolto anzitutto a Lionel Messi, indiscusso protagonista
di questa competizione al cardiopalma. Un giovane uomo che ha fatto della sua
più grande passione il proprio lavoro (ed anche la propria fortuna). Un
professionista senza dubbio ma, a mio modesto avviso, non un fenomeno al pari di Pelè o Maradona. Certi Dei rimangono inarrivabili. Lasciateli nell’Olimpo, vi prego!
Altro applauso corale va all’allenatore Lionel Scaloni, coraggioso
e spregiudicato, che ha saputo dare ad una nazionale da anni disgregata e disorganizzata, quell’impronta di sentimentalismo
positivo di cui necessitava e che l’ha portata meritatamente sul
tetto del mondo. Come dire: tantissimo cuore, altissimi risultati. Ieri le sue lacrime di gioia hanno suscitato dentro me un profondo senso di rispetto, ma anche di tenerezza. Rispetto per un allenatore al quale la stampa non aveva concesso sconti e nessuno aveva scommesso un solo centesimo sul suo operato. Tenerezza perché, alla fine, certi sentimenti non solo non hanno genere, ma devono necessariamente palesarsi in qualche maniera.
Ed infine ad Àngel Di Maria, il fallito, il nonnetto, il panchinaro, come lo hanno definito in molti e che, invece, è andato a segno con un rigore ed ha anche mandato in rete, durante i tempi regolamentari, uno dei gol probabilmente
più belli (ed anche più importanti) dell’intera competizione.
Preferisco tralasciare i gestacci e la pantomima dell'antipaticissimo portiere argentino Martinez che ho trovato odioso ed antisportivo, al pari dei francesi
che hanno tolto la medaglia dal collo. Gesto di stizza e di delusione che,
nonostante tutto, ho però compreso.
A proposito della nazionale francese, ritengo che non vada
assolutamente demonizzata: i gioielli di Didier Deschamps sono stati comunque impeccabili e la stella
di Kylian Mbappé che ha brillato forte, rappresenta sicuramente il futuro del giuoco del calcio. Non a caso è stato premiato come
capocannoniere dei mondiali 2022.
E' ciò che sta avvenendo sui social,
soprattutto italiani, a lasciarmi un disgustoso senso di amaro in bocca. Non capisco questo accanimento
ingiustificato contro i francesi, questa rabbia repressa, questo vomitare insulti del popolo internettiano
al quale mi sento di dire, con molta franchezza: “Inutile rosicare, l’Italia di
questi mondiali non ha giocato neppure una sola partita! E quelli lì, i
secondi, hanno giocato una finale!”.
Quindi, zitti e buoni ed alla prossima (se
l’Italia non sarà fuori per l’ennesima volta!).
I riflettori sul Qatar, dunque, si spengono: gli stadi
verranno smantellati, lustrini e paillettes verranno messi via, i diritti delle
donne e dei lavoratori continueranno a restare latitanti, l’economia procederà il
suo tour panoramico da una tasca ricca ad una ricchissima.
E tutto il resto della popolazione? Beh, tutto il resto si
adagerà sull’aforisma del fortunato film di Lina Wertmüller con Paolo Villaggio: “Io speriamo che me la cavo”.
Ilina Sancineti
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