QATAR 2022 : IL MONDIALE ATIPICO


Manca ormai pochissimo al fischio di inizio della prima partita del Mondiale di calcio 2022: un Mondiale per molti versi anomalo. Il primo che si disputa in inverno (causa Covid19), il primo ospitato dagli Emirati Arabi, il secondo consecutivo senza la partecipazione della nostra nazionale fresca, tra l’altro, di vittoria dell’Europeo 2021.

Voglio sorvolare sulla dichiarazione resa dal Presidente Fifa Gianni Infantino (“sono omosessuale, sono arabo, sono lavoratore migrante ecc”) che, nel tentativo disperato di stroncare le vivacissime polemiche sorte attorno alla competizione sportiva, è risultata essere ipocrita tanto quanto un'amica che fa dei complimenti all'altra e poi ne ciarla malamente alle spalle.


Buona parte dell’opinione pubblica che s’informa bene e regolarmente è del tutto consapevole che dietro al sipario di luci sfavillanti, di preparativi ai limiti della megalomania, di stadi costruiti durante le notti arabe e passerelle dei calciatori più pagati al mondo si cela, in verità, tutto un oscuro sottobosco di repressione di diritti, di sfruttamento minorile, di limitazioni per ospiti e popolazione autoctona, di discriminazione.

La realtà emergente del Qatar è molto diversa da quella che apparirà nelle televisioni di tutto il mondo o sulle copertine patinate delle riviste: una volta spente le luci della ribalta ogni cosa tornerà ad essere esattamente come prima.

Le donne non potranno decidere liberamente della propria vita senza prima aver ottenuto il consenso da parte del loro tutore (padre, fratello, marito); gli omosessuali continueranno ad essere perseguitati poiché sono dei rei agli occhi della legge (l’omosessualità è punita con la reclusione fino a sette anni), la manodopera, quasi del tutto straniera, continuerà ad essere retribuita con stipendi ai limiti della sopravvivenza e sfruttata senza vedersi riconosciuta alcuna tutela.

Della serie tutto molto bello, ma tutto molto falso.

Eppure quando si disputa un Mondiale l’intero globo si ferma e si disinteressa completamente delle problematiche concrete. Ciò è un qualcosa che la modernità ha ereditato dall’antica Grecia: le Olimpiadi, infatti, erano in grado di arrestare come per magia tutti i conflitti in corso.

La circostanza (sventurata?) che la nostra Nazionale sia rimasta fuori dai giochi (nel senso letterale del termine!) e sia rappresentata soltanto da arbitri ormai di fama internazionale (vedi Daniele Orsato) consente agli italiani di tenere lo sguardo puntato su problemi a breve scadenza, ad esempio su come fare ad arrivare a fine mese in considerazione dell’aumento di tutti i beni essenziali, del caro affitti, dell’inflazione alle stelle. E così, mentre una parte del globo si interroga disperatamente su come ingegnarsi per tirare avanti, l’altra buona metà sarà concentrata sulle prestazioni delle proprie squadre rappresentanti.

Per carità il mio non vuole essere un demonizzare il giuoco del calcio che pure apprezzo, seguo con interesse e ritengo essere un momento aggregativo importante: solamente sarebbe opportuno non perdere di vista le cose essenziali, quelle che ci riguardano da vicino.

Perché un calcio ad un pallone non può avere più importanza di valori quali la fratellanza, il rispetto dell’altro e delle diversità, la tutela dei diritti fondamentali e ciò a prescindere che ci si trovi in Italia o in uno stadio con aria condizionata impostata su 15 gradi in Qatar.



Ne approfitto per ricordarvi l'evento previsto per giorno 22 Novembre presso il Piccolo Teatro Popolare di Tarsia (Cs) h.10:30. Non mancate!





 Ilina Sancineti

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