LE FARFALLE CHE NON SONO LIBERE DI VOLARE
Ho seguito con particolare interesse il caso dei presunti abusi psicologici perpetrati a danno delle “Farfalle”, ovvero sulle ragazze che compongono la Nazionale Italiana di ginnastica ritmica.
Occhieggiando le principali testate giornalistiche e sportive e seguendo svariati servizi televisivi ho avuto modo di formare un mio convincimento.
Ho trovato questa vicenda a dir poco disgustosa: e ciò per due ordini di ragioni.
Anzitutto per la caduta di un modello che queste giovani rappresentano per i propri coetanei e per lo sport italiano in generale che, in casi limite come questi, viene ad essere infangato.
Secondariamente perché, a quanto pare, improperi vari e vessazioni venivano messi in atto proprio da chi queste professioniste avrebbe dovuto istruirle alla disciplina sportiva, formarle per il futuro, supportarle affinché potessero dare il meglio di sé.
Soffermandomi su alcune righe del racconto di Nina Corradini, ex Farfalla campionessa olimpica e oggi appena diciannovenne, sono stata assalita dai brividi.
“Mangia di meno, come fai a vederti allo specchio?”.
Una domanda del genere non è solo sfacciatamente umiliante, ma sfiora l’abominio se ripetuta in presenza delle proprie compagne di squadra.
Così come l'orrenda consuetudine della pesatura prima e dopo gli allenamenti, delle privazioni alimentari (cosa assurda se si pensa che il 9,8% della popolazione mondiale soffre la fame perché non ha cibo!), del nascondersi per riuscire a mandare giù quei pochi grammi di carboidrati indispensabili per rimanere correttamente in piedi durante le sessioni di allenamento.
E non riesco neppure a trovare una giustificazione se tento di accostare simili rinunce al rigore della disciplina che pure (come ogni cosa) richiede sacrificio, dedizione, passione. Ma nessuna passione al mondo può accondiscendere dinanzi a simili soprusi che è indubbio vadano fortemente ad intaccare la psiche delle vittime ed anche la loro fisicità.
Difatti non va sottovaluta la circostanza che si parla di ragazze ancora nel pieno della fase dello sviluppo in cui il corpo umano inizia gradualmente a modificarsi per prepararsi al passaggio all’età adulta.
Leggere determinate righe da chi, plurimedagliata a livello internazionale, rinuncerebbe ai successi ottenuti pur di avere indietro un minimo di quella stabilità emotiva resa ingiustamente fragile, fa malissimo a chi lo sport l’ha sempre associato al divertimento, allo svago, alla collaborazione, alla solidarietà umana.
Non vi nascondo che il mio grado d’empatia mi rende particolarmente vicina alla posizione delle ginnaste. Da adolescente ero l’antitesi della ragazzetta carina e disinibita: introversa, poco interessata alle mode dei ruggenti anni Novanta, con qualche chilo di troppo e qualche centimetro impietosamente distribuito a casaccio sul corpo. Questo per svariati anni mi ha resa oggetto di scherno e di emarginazione non solo tra i banchi di scuola, ma anche nelle discipline sportive che praticavo.
“Sei grassa”, “Non sai muoverti”, “Sei una pallina che rotola” erano solo alcuni dei tanti “complimenti” che venivano rivolti alla sottoscritta.
Ma chi lo ha detto che lo sport ha degli standard? Che le ginnaste devono necessariamente pesare quanto un fuscello e i ginnasti debbano avere muscoli esagerati? Perché ogni cosa deve necessariamente ricollegarsi allo stereotipo del “se non sei così, sei fuori, non vali nulla!”?
In verità credo che ognuno di noi, nel proprio piccolo, sia straordinario e che tale straordinarietà non sia affatto legata alle fattezze fisiche o all’esteriorità, ma a tutt’altro.
Uno degli attori che più ammiro nel panorama cinematografico attuale (ed è anche un bravissimo musicista!!), Jamie Campbell Bower, davanti all’esclamazione spontanea di alcune fan, “Siamo un disastro!”, ha replicato con una frase meravigliosa che è diventata il mio mantra nelle tipiche giornate "no" in cui nulla va per il verso giusto: “Nobody is a disaster”, ovvero “Nessuno è un disastro”.
Concordo.Ognuno di noi è perfetto nella propria imperfezione: con i suoi chili di troppo, con la sua magrezza, con il suo naso pronunciato, con le gambe storte, con i capelli fuori posto, con le lentiggini, con gli occhiali da vista, con delle cicatrici…Ciò che rende davvero speciale un individuo è ciò che sta dentro l’involucro. In altri termini è essenziale curare il contenuto più che il contenitore.
Mi auguro che le ragazze della ginnastica ritmica che hanno denunciato le angherie cui per anni sono state sottoposte e tutti coloro i quali nella loro vita hanno subito, subiscono e, purtroppo subiranno pressioni di natura psicologica legate alla loro fisicità abbiano il coraggio di camminare nel mondo a testa alta, senza considerarsi inferiori a nessuno o utilizzare inutili termini di paragone.
Nobody is alone. Nobody is a disaster. Volate alto! Ricordatelo.
Commenti
Posta un commento