DEMOCRAZIA, LIBERTA’ E TRASGRESSIONE: IL TROPPO CHE STROPPIA
Da quando le società civili si sono votate ai bei sistemi democratici ogni tipo di libertà è stata riconosciuta, tutelata, inneggiata, protetta fino allo sfinimento. Tutto è diventato lecito, morale, giusto, comprensibile, tollerabile, in alcuni settori più che in altri.
Lo scenario che si presenta quotidianamente ai nostri occhi è
pluricromatico e variegato: l’antica e bigotta “normalità” si è trasformata
nella “nuova anormalità”. Ciò che in un passato non così lontano era bollato
come amorale, scandaloso, osceno è divenuto non solo ammissibile ma,
addirittura, un modello da imitare.
Faccio una doverosa premessa e, a cuore aperto, vi confesso che non faccio
parte della fitta schiera di perbenisti, di moralisti, di coloro che vedono
del marcio sempre e comunque in ogni cosa. Sono a favore delle unioni
civili, della possibilità di adozione per le coppie omosessuali, della
tutela di qualsivoglia forma di minoranza. Eppure anche la sottoscritta
conosce l’importanza dei limiti. Perché in una società democratica civile
dei limiti devono esserci, altrimenti si rischia un abuso delle libertà
conquistate nei secoli con il sangue, scivolando nell’anarchia più totale
(vedi il pensiero di Platone ne La Repubblica).
Vi sono dei settori particolarmente esposti a questo tipo di influenze geoastrali come quelli dello spettacolo, dell’arte, della musica. Ed è a quest’ultima che mi riferisco: specificatamente all’ultima uscita pubblica del gruppo rock nostrano Måneskin agli American Music Awards. Quattro artisti apprezzati in tutto il mondo, giovanissimi e bellissimi (tra cui tre uomini) in giacca e... reggicalze!
Sebbene il talentuoso quartetto ci abbia ormai abituati alla sua
totalizzante libertà di espressione (che non mi sognerei mai di contestare!), questa nuova trovata
pubblicitaria mi lascia alquanto perplessa ed anche piuttosto turbata.
Davvero si ha bisogno di scimmiottare così tanto il genere femminile o quello maschile? Davvero si ha la necessità di etichettare ogni cosa come gender fluid?
Vi sono molto sincera e so che questo creerà qualche mugugno: tutto ciò mi
pare solamente un'assurda moda del momento.
Non sono di certo più donna portando un paio di pantaloni (tra l’altro
conquista tutta femminile dell'Ottocento), così come un uomo non dovrebbe
sentirsi più virile indossando una gonna aderente. Tutte queste
mistificazioni non fanno altro che rendere entrambi i generi sempre più
insicuri, sempre più fusi l’uno nell’altro. Ciò è un bene se ricordiamo che
è utile coltivare l’altra parte naturalmente presente in ognuno
di noi. Ma diventa un male da contrastare se viene impiegato come
quotidianità perché si rischia di creare ancora più discriminazione e
ingiustizia a carico di quella enorme platea di persone omosessuali che
lottano quotidianamente per ritagliarsi uno spazio dignitoso all’interno dei
tessuti sociali.
Condivido il presentarsi in reggicalze se ciò fa parte di uno show ben
congeniato, lo condivido molto meno se si partecipa ad un gran galà della
musica che pure, nel corso degli anni, di scandali ne ha visti, eccome!
Però, nonostante tutto, mai Freddie Mercury (dichiaratamente
omosessuale e tra i maggiori esponenti del pop-rock innovativo e ribelle), o
Micheal Jackson (che girò Thriller travestito da Zombie
nei primi anni Ottanta) o la stessa Madonna (la
Virgin Girl per eccellenza) hanno osato tanto su palchi
prestigiosi che li hanno premiati. Trasgressivi nei loro video musicali,
durante i tour, nella vita privata certamente, quasi mai fuori contesto.
Ecco, il punto è proprio questo: il contesto!
Ci sono dei luoghi che dovrebbero seguitare a conservare quell’aura di pura
istituzionalità che, sempre più di frequente, manca. Lo immaginate un
Presidente della Repubblica presenziare ad un G20 in canotta e pantaloncini?
Oppure una dottoressa presentarsi in una corsia ospedaliera in reggiseno e
shorts? O un avvocato difendere il proprio cliente in un processo
completamente nudo?
Bene, siamo seri una volta tanto.
Costruire un’immagine che funzioni nel nuovo mondo digitale è fondamentale, ma questo non deve tradursi in un continuo ostentare a tutti i costi solo ciò che impone una determinata fetta di mercato affinché diventi per tutti la nuova normalità. In questa maniera si rischia di perdere di vista l’essenzialità delle cose. Senza dei limiti si consente alla generalità (in modo particolare ai giovani) di trasgredire in ogni momento, con ogni mezzo e in ogni luogo.
Nel caso della musica l'immagine rischia di avere quel potere deflagrante capace di distruggere la bellezza di tutto il resto: la purezza del brano musicale, il significato intrinseco delle parole, il messaggio che esse vogliono trasmettere. Ed è indubbio che i Måneskin scrivano, compongano e cantino dei pezzi fantastici!
Dunque per concludere; ampissima libertà sì, ma entro certi limiti ed entro
determinati contesti. Una maggiore sobrietà sarebbe decisamente auspicabile.
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