DONNE CHE PARLANO DI DONNE CHE GIOCANO A CALCIO: LE AZZURRE DI MILENA BERTOLINI TRA SACRIFICI E RICONOSCIMENTI

In occasione della ricorrenza dei quaranta anni dalla vittoria dell’Italia di Bearzot ai mondiali di calcio del 1982 vorrei parlarvi della spinosa questione del calcio femminile italiano.

Mentre nel 2018 gli azzurri di mister Ventura non si qualificavano per i mondiali di Russia, nell’anno successivo una nazionale tutta rosa e pressoché sconosciuta sfidava le grandi del mondo e, con fatica e dedizione, arrivava a qualificarsi ai quarti di finale del Campionato Mondiale. Fu la scintilla che, finalmente, indusse anche la stampa che conta ad accendere i riflettori sul “fenomeno rosa del calcio italiano”.


La pratica del calcio nel nostro Paese è stata per molto tempo retaggio esclusivo dei soli maschi essendo ritenuta estremamente pericolosa per il genere femminile (addirittura si credeva potesse condurre all’infertilità!) e, soprattutto, limitata dalla visione medievale che considerava la donna solo come mera colonna portante della famiglia, senza alcun diritto al divertimento ed esclusivamente relegata alla gestione della casa e della prole.

Questa situazione di assoluta imparità ha visto uno spiraglio di risoluzione solamente il 1° luglio di quest’anno con il riconoscimento del calcio femminile come sport professionistico. Una vergogna se si pensa che le federazioni straniere (quella americana e tedesca sopra tutte) contino da decenni centinaia di migliaia di tesserate contro le nostre ventimila. Fin dai primissimi anni di vita di una persona, infatti, vi erano (e purtroppo permangono ancora) degli stereotipi che inquadravano la donna in una categoria predeterminata, così come predeterminate erano le attività sportive che essa poteva praticare. Sovente si sentiva ribattere alle madri o alle nonne: “La pallavolo o la danza sono per le femmine, il calcio e la pallacanestro sono per i maschi”. Persino mia nonna, a fine anni ottanta, quando osavo calciare un pallone, esclamava: “Non si gioca a calcio! Le gambe diventano storte!”

Che affermazione sciocca e priva di fondamento!

La prima Federazione Italiana di calcio femminile nasce in Italia nel 1968, decisamente molto in ritardo rispetto ad altre nazioni europee (in Inghilterra si praticava il calcio femminile già dalla fine dell’Ottocento!).

Per tantissimi anni alle calciatrici non è stato riconosciuto alcun tipo di diritto (malattia, infortunio, per non parlare della gravidanza!), non era prevista alcuna retribuzione (il calcio era per loro un hobby, altro che un lavoro!) e soprattutto erano costrette ad allenarsi su campi non omologati, ciò con grave nocumento per il loro stato di salute oppure in orari e in giornate in cui non erano previsti gli allenamenti o le gare dei maschi. Tantissime erano quindi obbligate a svolgere un lavoro extra per poter mantenere la famiglia e non esisteva squadra in cui una donna non fosse calciatrice e allo stesso tempo sarta, operaia, impiegata. Il materiale sportivo a disposizione era insufficiente e le divise mancavano del tutto (venivano indossate quelle dei colleghi opportunamente “riadattate”).

Nella società odierna in cui ancora si fatica ad accettare che il genere femminile sia molto altro rispetto a un mero tramite per generare vita, il calcio delle donne viene ancora visto con sospetto e, consentitemi, con una punta di disprezzo.

Le calciatrici sono spesso definite dalla bigotta cultura popolare (e qui intendo sia uomini che donne) come delle sfaccendate, dei maschiacci privi di femminilità, che snaturano il loro essere donna. Queste affermazioni sono oltraggiose e offensive e, credetemi, mi fanno sorridere se penso a quanto belle esse siano non solo nella realtà quotidiana, ma soprattutto quando vestono una maglia che ci rappresenta tutti nel bene e nel male.

Le nostre azzurre saranno prossimamente impegnate nelle qualificazioni per il Campionato Europeo d’Inghilterra 2022 e spero vivamente che dopo la battuta d’arresto subita a causa dell’assalto dello squadrone francese, riescano a onorare la maglia che indossano in maniera decorosa. Sicuramente più decorosa rispetto ai maschi che, dopo il trionfo del 2020, hanno mancato per la seconda volta consecutiva, la qualificazione ai mondiali.

Le ricordo e assieme a loro ricordo l'allenatrice, nonché commissario tecnico, MILENA BERTOLINI, affinché i loro nomi e i loro ruoli siano ben chiari nella mente degli italiani:

                           

FRANCESCA DURANTE - portiere   

LAURA GIULIANI - portiere   

KATJA SCHROFFENEGGER – portiere   

ELISA BARTOLI - difensore e capitano     

VALENTINA BERGAMASCHI – difensore                   

LISA BOATTIN - difensore 

LUCIA DI GUGLIELMO - difensore                                

MARIA LUISA FILANGERI – difensore  

SARA GAMA – difensore e capitano                            

MARTINA LENZINI - terzino    

ELENA LINARI - difensore                                              

ARIANNA CARUSO – centrocampista      

VALENTINA CERNOIA – centrocampista offensivo  

AURORA GALLI - centrocampista

MANUELA GIUGLIANO – centrocampista                   

MARTINA ROSUCCI - centrocampista offensiva

FLAMINIA SIMONETTI – centrocampista                 

BARBARA BONANSEA – attaccante

AGNESE BONFANTINI – attaccante                              

VALENTINA GIACINTI - attaccante 

CRISTIANA GIRELLI – attaccante                                   

MARTINA PIEMONTE - attaccante

DANIELA SABATINO - attaccante


Per Aspera ad Astra ragazze.

Forza azzurrE!

Ilina Sancineti

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