LO SCONTRO IN UCRAINA. BOICOTTARE LA CULTURA RUSSA HA SENSO?


A seguito dell’invasione dell’Ucraina ad opera delle milizie russe su ordine del Presidente Vladimir Putin, negli ultimi giorni si è accesa una vivacissima polemica in merito alla richiesta, paventata in verità da più parti, di una sorta di boicottaggio tout court della cultura russa proposta (ed in molti casi attuata) da paesi europei e non. Un boicottaggio che dovrebbe coinvolgere la complessità dei livelli sociali, dai singoli cittadini quali inutili pedine nello scacchiere mondiale, alle più disparate istituzioni pubbliche (enti, associazioni, università).

Una follia per alcuni, un modo del tutto sui generis per attestare vicinanza al popolo ucraino secondo altri, una dimostrazione di forza intellettiva contro la Russia, secondo altri ancora.

A mio modestissimo avviso la cultura, sotto qualunque vessillo essa riposi, mai deve essere ridotta a martire, annichilita, penalizzata. Una negazione di questo tipo potrebbe rivelarsi a dir poco controproducente e costituire l’affondo definitivo da parte dell’oscurantismo dei nostri tempi che non vede davvero l’ora di estendere il suo nero predominio su tutti noi.

In questo turbinoso contesto la letteratura, una tra le più nobili delle arti, sembra essere quella maggiormente bistrattata: è diventato un caso tutto italiano, ad esempio, quello dell’Università Bicocca di Milano che prima ha cancellato il corso sul russo Fëdor Dostoevskij e poi ha compiuto un dietrofront divenuto catastrofico. Un caso italiano, appunto, ed anche piuttosto imbarazzante per un Paese come il nostro che dell’arte ha fatto una bandiera da epoca remotissima.

Nessuno deve dimenticare come alcuni dei capolavori della letteratura mondiale appartengano al mondo russo e si sono innestati a pieno diritto in un panorama culturale di immenso, inestimabile valore. Come scordare l’intreccio di passioni nel romanzo Anna Karenina di Lev Tolstoj o gli intrighi di Delitto e Castigo di Dostoevskij? Solo per citare due delle opere le cui pagine almeno una volta nella vita bisognerebbe sfogliare e fare proprie.

Che senso avrebbe in questo momento già così nebuloso, intriso d’odio e violenza, eliminare anche quel frammento di luce viva che scaturisce dalla letteratura?

Anton Cêcov affermava che l’uomo è stato dotato della ragione e del potere di creare, così che egli potesse aggiungere del suo a quanto gli è stato donato. Ebbene partendo da questo assunto anziché togliere, sopprimere, eliminare, censurare perché non si sostituisce la crudeltà con la bellezza della parola, con la grazia della danza, con le melodie del canto, con la forza insita nelle mani dei pittori e degli scultori?

Che colpa ha il mondo della cultura russa se chi è al comando del Paese non comprende la gravità delle sue azioni e porta altrove distruzione e morte? Cosa c’entra con questo insensato conflitto?

Biblioteca di San Pietroburgo 
Probabilmente allora le illuminazioni di Dostoevskij erano corrette quando nel romanzo I Fratelli Karamazov del 1880 scriveva: «Fintanto che ciascun uomo non sarà diventato veramente fratello del suo prossimo, la fratellanza non avrà inizio. Nessuna scienza e nessun interesse comune potrà indurre gli uomini a dividere equamente proprietà e diritti. Qualunque cosa sarà sempre troppo poco per ognuno e tutti si lamenteranno, si invidieranno, si ammazzeranno l’uno l’altro».

Il potere. Sempre e solo il potere. La formula magica per eccellenza. Il desiderio di avanzare, di conquistare, di avere di più: da tempo immemore una delle malattie peggiori che affligge il genere umano, qualcosa che è innato, che pulsa nel corpo dell’essere vivente come fosse veleno.                        

«Togli il sangue dalle vene e versarci dell’acqua al suo posto: allora sì che non ci saranno più guerre», sosteneva Lev Tolstoj. E come dargli torto alla luce delle vicissitudini attuali?

Eliminare dalla storia la cultura di un popolo avrebbe un solo significato e una sola conseguenza devastante: estinguere definitivamente quella scintilla geniale che differenzia l’Umanità dal mondo animale. Renderebbe tutti noi ciechi, schiavi di un potere che s’impone con le armi per identificarsi come unico ed indiscutibile, nonostante stentiamo a riconoscerlo come giusto e legittimo, perché si sa, per fare del male un uomo deve prima di tutto credere che ciò che stia facendo sia bene (Aleksandr Isaevič Solzhenitsyn). 

Lo abbiamo già visto fare. Lo abbiamo già vissuto. Non lasciamo che succeda nuovamente, sebbene sotto altra veste. Per una volta impariamo dagli insegnamenti della storia e proviamo a fare un passo avanti anziché cento indietro.

Ilina Sancineti

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